mercredi 9 janvier 2013

Slow Food. Buono, Pulito e Giusto?


Slow Food è un marchio a cui moltissime persone che criticano il sistema economico attuale, in particolare il modello di sviluppo imposto nel mondo dalle multinazionali del settore agroalimentare, fanno riferimento.
Arci Gola, diventata Slow Food nel 1989, dopo essere stata per anni una associazione di riferimento per il recupero e la salvaguardia della tradizione gastronomica in opposizione al dilagare della “cultura”del fast food, si è fatta nel corso degli anni sempre più portatrice di istanze che vorrebbero mettere in discussione il sistema che in tutto il mondo danneggia piccoli contadini, allevatori e pescatori.
Proprio con questo scopo Slow Food ha dato origine al progetto di Terra Madre, che dal 2004 tiene, presso il Lingotto Fiere e poi nelle sue varie derivazioni sparse per il mondo, una kermesse internazionale in cui si avvicendano conferenze, laboratori e presentazioni di progetti per un’economia “sostenibile”. Slow Food, Terra Madre e i suoi organizzatori si sono dunque costruiti in questi anni una forte credibilità di contestatori del sistema anche negli ambienti della società civile più sensibili rispetto ai temi della sovranità alimentare. Attraverso un’ampia e intelligente esposizione mediatica, sostenuta da importanti gruppi editoriali italiani e internazionali, e attraverso il coinvolgimento di personaggi di fama internazionale noti al grande pubblico come contestatori del sistema come Dario Fo, Vandana Shiva e Maurizio Pallante ma anche di tutta quella galassia di singoli e gruppi impegnati localmente per un’economia diversa e “sostenibile”, (gas, associazioni, ONG, ecc.) Slow Food è diventata, per il suo dichiarato sostegno alle comunità rurali di mezzo mondo, simbolo vivente del motto che contraddistingue il suo marchio: buono, pulito e giusto.
“Il motto di Slow Food è buono, pulito e giusto. Tre aggettivi che definiscono in modo elementare le caratteristiche che deve avere il cibo. Buono relativamente al senso di piacere derivante dalle qualità organolettiche di un alimento, ma anche alla complessa sfera di sentimenti, ricordi e implicazioni identitarie derivanti dal valore affettivo del cibo; pulito ovvero prodotto nel rispetto degli ecosistemi e dello ambiente; giusto, che vuol dire conforme ai concetti di giustizia sociale negli ambienti di produzione e di commercializzazione.” (dal sito di Slow Food)
Andiamo allora a vedere quanto di questo buono, pulito e giusto resta dopo un’analisi solamente un po’ più approfondita, ovvero grattando solamente la superficie, dei legami che intrattiene Slow Food nelle sue attività.
Tra i soci eccellenti di Slow Food troviamo la King Baudouin Foundation, una fondazione che risulta essere una diretta emanazione della casa reale belga nel cui consiglio d’amministrazione figurano importanti personalità dello stato belga.
Questa la “mission” della K.B.F.:
“The King Baudouin Foundation supports projects and citizens who are committed to create a better society. In this way we can make a lasting contribution towards greater justice, democracy and respect for diversity.” (dal sito della KBF)
Come? Sostenendo progetti in tutto il mondo che la Fondazione ha valutato in sintonia con la propria finalità di creare una migliore società, più democratica, giusta e rispettosa per la diversità. Facciamo per un attimo finta di credere che teste coronate e alta nobiltà europea, importanti politici e banchieri stiano davvero cercando di perseguire gli scopi che dichiarano nella loro “mission” e che cioè stiano cercando attraverso la beneficenza di migliorare il mondo.
Da dove arrivano i soldi con i quali la K.B.F. sostiene i progetti che ritiene meritevoli in giro per il mondo? Tra le altre fonti di finanziamento vi sono le donazioni delle multinazionali. La K.B.F. ha una sua diramazione negli Stati Uniti, guardiamo per esempio con quali multinazionali collabora questa succursale americana:
“KBFUS and its affiliated foundation have worked with some of the country’s leading corporations, including Johnson and Johnson, Starbucks, Nike, Levi Strauss, Citi, Caterpillar, Wrigley, The Dow Chemical Company and Coca-Cola.” (dal sito della KBFUS)
Anche i soldi delle multinazionali sono buoni giusti e puliti?
Nel  rapporto annuale 2007 della KBFUS si parla del contributo che la Dow Chemical Company e la Pfizer daranno attraverso la fondazione al miglioramento del mondo:
“Deux autres fonds ont été institués par des
entreprises: le Dow Chemical Company Foundation Fund apportera sa contribution à des ONG  européennes qui soutiennent des projets écologiques et durables au niveau local; et le Pfizer Foundation Global Health Partnerships Fund a déjà octroyé l’an dernier 1,6 million de dollars d’aide à cinq ONG européennes qui font de la prévention contre le cancer.” (Fonte)
Scopriamo dunque nel rapporto annuale 2007 della KBFUS che Dow Chemical, colosso con la Monsanto delle biotecnologie e produttrice di sementi geneticamente modificate, attraverso la fondazione, sosterrà finanziariamente ONG europee che si occuperanno di progetti di salvaguardia dell’ambiente e che Pfizer, colosso farmaceutico che ha recentemente iniziato a risarcire le famiglie delle vittime della sperimentazione del Trovan in Nigeria, un farmaco contro la meningite che 15 anni fa provocò una moria di bambini nello stato di Kano, sempre attraverso la fondazione sosterrà ancora una volta ONG europee che fanno prevenzione contro il cancro. A questo punto non apparirebbe così assurdo scoprire in questo rapporto che Coca Cola e Nike finanziano progetti che si battono per i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
Ma Slow Food non è contro gli ogm? Senza se e senza ma? Oppure anche gli OGM sono buoni, puliti e giusti? Davvero ci lascia indifferenti sapere che la KBF fornisce un servizio alle multinazionali, aiutandole a selezionare i progetti per loro più idonei da finanziare? In cosa consiste allora questa idoneità? Ci lascia indifferenti sapere che tra queste multinazionali vi è anche la Dow Chemical, produttrice di OGM? Dobbiamo dedurre  che i  finanziamenti che la KBF devolve a Slow Food potrebbero anche provenire dalla Dow Chemical? Ne sono a conoscenza i vertici di Slow Food di questa possibilità? Ne sono a conoscenza gli associati?
Perché le grandi multinazionali che sono tra le prime responsabili delle ingiustizie sociali, dei disastri ambientali e di molte malattie mortali si adoperano così tanto devolvendo fondi per inficiare la propria opera di distruzione? Dobbiamo dedurre che attraverso fondazioni come la KBF queste multinazionali cerchino di rifarsi una verginità perduta agli occhi dei propri “consumatori”? Stanno solo cercando di farsi pubblicità, di crearsi un’immagine buona, giusta e pulita oppure stanno anche utilizzando consapevolmente da anni alcune ONG compiacenti come moderni e pacifici cavalli di Troia all’interno del loro progetto neocolonialista? E qual è il ruolo di fondazioni come la KBF? Viene quasi da pensare che, dal punto di vista delle grandi multinazionali, sarebbe a volte troppo sporco finanziare direttamente, ovvero investire direttamente i propri fondi in quei territori ritenuti geopoliticamente o economicamente interessanti per disponibilità di risorse, materie prime o manodopera.
Indagando ancora un po’ si scopre che la KBF è tra i due strategic partner della EPC (insieme alla Compagnia di San Paolo, già sponsor di Terra Madre), ovvero dello European Policy Center, un think tank europeo nato nel 1997 con l’obiettivo di lavorare sull’integrazione europea e sul ruolo dell’Europa nel mondo. Per avere una vaga idea di cosa si tratta scorriamo velocemente il curriculum del suo presidente onorario Peter Sutherland: già commissario europeo, già presidente della Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), membro del gruppo Bilderberg e della Commissione Trilaterale, nonché ex direttore non esecutivo di Goldman Sachs International e della Royal Bank of Scotland. Ci troviamo dunque di fronte a uno dei vertici del sistema finanz-capitalista che è il primo responsabile, tra le altre cose, dell’impoverimento delle popolazioni rurali di tutto il mondo e della distruzione della biodiversità del pianeta.
Per difendere la biodiversità e le popolazioni rurali è giusto usare l’elemosina di chi sta facendo di tutto per distruggere entrambe? Si può considerare efficace? Non si rischia di trasformare una doverosa lotta politica in una rassicurante salvaguardia di alcune specie in estinzione, umane, animali o vegetali che siano? Non si rischia di trasformare i contadini e le contadine in panda? Non si rischia di diventare complici di un sistema di sfruttamento fornendo ai responsabili di questo sfruttamento un’ occasione per ripulirsi la coscienza? Non si rischia di legittimare e di fornire una facciata pulita a quello stesso sistema che si dice di voler contrastare? Di quali interessi si diventa portatori nel momento in cui si finanziano progetti in giro per il mondo con il logo della King Baudouin Foundation?
Trasferiamoci un attimo a casa nostra e scorriamo i soci sostenitori della Università di Studi di Scienze Gastronomiche fondata da Slow Food assieme a Regione Piemonte e Regione Emilia Romagna. Per citarne solo alcuni: Gruppo Benetton, Cordero di Montezemolo, BistefaniDe CeccoEinaudiLavazzaLindt, Casa vinicola Zonin, Gancia, Duca di Salaparuta, Barone Ricasoli, Ferrarini eLevoni spa. Tra i soci sostenitori nel bilancio annuale di Slow Food spicca invece Eridania.
Leggiamo nella “filosofia” di Slow Food:
“La filosofia di Slow Food attraversa i campi dell’ecologia, della gastronomia, dell’etica e del piacere. La associazione si oppone al processo di standardizzazione dei gusti e delle culture e dello strapotere della industria agroalimentare “ (dal sito di Slow Food)
Di quale industria agroalimentare stiamo parlando? Lavazza non fa parte di questa industria agroalimentare? Sono garantiti i diritti dei lavoratori in tutte le piantagioni di caffé che riforniscono il marchio? E Zonin, De Cecco, Bistefani, Lindt? Si battono anche loro contro la standardizzazione dei gusti e delle culture? Eridania, che controlla buona parte del mercato interno di zucchero e complice dello sfruttamento intensivo e mono-colturale a barbabietola da zucchero della pianura padana, in che modo è giusta e pulita? Lo diventa finanziando progetti sulla biodiversità in Italia e nel mondo? Sono puliti i diserbanti che usano tutti i coltivatori di barbabietola che tanto lo zucchero biologico in Italia non lo produce nessuno? Come si può utilizzare la parola “pulito” parlando di agricoltura se non si considera il biologico, con tutti i suoi difetti, certificato o auto-certificato che sia, come necessario e imprescindibile punto di partenza?
Il biologico ha un disciplinare che garantisce alcune cose fondamentali per poter anche solo parlare di “pulito” in agricoltura: il non utilizzo di diserbanti chimici perché il diserbo è meccanico o manuale, il non utilizzo di concimi chimici ma solo di origine organica e il non utilizzo di pesticidi chimici di sintesi. A volte nemmeno questi criteri sono sufficienti a garantire un prodotto rispettoso dell’ambiente, delle persone e degli animali. Figuriamoci se mancano. Ma come potrebbe Slow Food prendere una posizione netta e definitiva a favore del biologico se ha tra i suoi soci i soggetti elencati? E in che modo sono giusti i nuovi e vecchi latifondi vitivinicoli quali tra gli altri, l’elenco sarebbe lungo, Barone Ricasoli, Duca di Salaparuta, Einaudi?
Non è Slow Food un’associazione che sostiene la piccola agricoltura contadina? In che modo è giusto l’accaparramento delle terre nelle mani di pochi oligarchi in un paese in cui ogni anno chiudono migliaia di piccole realtà contadine? In che modo i salumifici  Levoni e Ferrarini con i loro nitrati e nitriti, con la loro correità nello sfruttamento selvaggio degli animali e con i loro massacri industriali sarebbero buoni, giusti e puliti?
Sorvoliamo sull’infelice associazione di parole tra giusto e Luca Cordero di Montezemolo e soffermiamoci un attimo sul gruppo Benetton. La corporation Benetton con i suoi 900.000 ettari di terra acquistati ed espropriati alle popolazioni Mapuche della Patagonia (Mapuche significa Uomo della terra) è insieme a Intesa San Paolo, banca armata e finanziatrice di Terra Madre, e ad altre multinazionali, banche e assicurazioni, tra i principali attori del “land grabbing” italiano in giro per il mondo.
Colors, la celebre rivista di proprietà del gruppo Benetton, ha nel 2006 dedicato persino un numero speciale al Salone di Terra Madre. È bastato ad espiare il senso di colpa di Benetton per aver espropriato pachamama, madreterra, ai Mapuche? Il gruppo Benetton detiene la maggior parte delle azioni di Autogrill che a sua volta controlla, tra le altre catene di fast food, Burger King. Ma non eravamo slow food? Quando si è ricominciato a pestare sul pedale? Il gruppo Benetton possiede l’azienda agricola Maccarese spa che con i suoi 32000 ettari pianeggianti rappresenta il primo latifondo italiano per dimensioni. Possiede inoltre il 33% delle azioni di Impregilo, principale impresa di costruzioni, o di distruzioni, italiana, general contractor del progetto Tav Torino-Lione e del ponte sullo stretto di Messina.
In che modo si può pensare di salvaguardare la biodiversità e l’ecosistema con soci di questo calibro? Perché autorevoli membri dell’agroindustria e delle corporation italiane sostengono l’università fondata da Slow Food? Viene quasi il sospetto che associare il proprio nome al fortunato marchio del buono, giusto e pulito equivalga a ripulirsi la “fedina penale” davanti a quei “consumatori” che dopo anni di parole e di pratiche sul consumo critico iniziano a interrogare la propria coscienza quando mettono mano al portafoglio.
Allora ci sarà chi ha più bisogno di rassicurarci sul fatto di essere buono, chi sul fatto di essere giusto e chi ancora sul fatto di essere pulito e alla fine viene quasi da pensare che sia tutto soltanto una semplice questione di marketing. E ancora: di quali interessi si diventa portatori, quando si finanziano in giro per il mondo progetti con il sostegno di importanti banche e multinazionali italiane?
Ma in ultima analisi resta pur sempre una valida obiezione: se i soldi della KBF e di Benetton vanno a buon fine qual è il problema? Viene da dire che forse sono proprio quei soldi il problema, o meglio, se quei soldi non ci fossero forse non ci sarebbe il problema che ora dovrebbero risolvere. Ma se il vero problema sta in chi detiene il potere di quei soldi come si può mettere in discussione quel potere se da esso si continuano a ricevere soldi?
Per capirsi meglio e fare un esempio: perché nella pagina dell’area Progetti di Terra Madre dal titolo “Fierezza Mapuche”, laddove si inveisce giustamente contro le vessazioni ai Mapuche da parte dello stato cileno, non si fa menzione del contenzioso aperto proprio tra i Mapuche e il gruppo Benetton?
Agri-business - I Semi della Distruzione


Tratto da: Slow Food. Buono, Pulito e Giusto? | Informare per Resistere http://www.informarexresistere.fr/2013/01/06/slow-food-buono-pulito-e-giusto/#ixzz2HSZl2HQR
- Nel tempo dell'inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario! 


Source: informarexresistere (http://goo.gl/gj9tM)

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