jeudi 27 décembre 2012

La colonizzazione dei centri commerciali da parte dei cinesi: “Noi tutto made in Italy”


Mentre i negozi tradizionali chiudono i battenti perché schiacciati dalla crisi e dagli affitti troppo cari, i commercianti dagli occhi a mandorla riescono a occupare progressivamente ampi spazi sul mercato locale dell’abbigliamento, calzature, accessori e casalinghi. E “invadono” pacificamente i centri commerciali. Dopo l’emporio a “il Punto”, aperto un altro grande magazzino allo “Scrigno”. Preso d’assalto da termolesi e residenti nell’hinterland, attratti dai prezzi low cost e sì, anche da quelle etichette che recitano “prodotto italiano”. «Noi compriamo tutto in Italia» racconta uno dei gestori «E non trattiamo il made in China».
Termoli. La differenza, non c’è alcun dubbio, la fanno quei prezzi: 5 euro, 10 euro. Ma anche 2 euro, 3 euro. «Qua dentro è accettabile, un maglione a 12 euro ed è pure carino». A parlare non è la studentessa squattrinata, ma la signora benestante con i capelli freschi di parrucchiere. Anche se la clientela che frequenta gli empori gestiti dai cinesi a Termoli, gli unici veri negozi che non risentono della crisi schiacciante che costringe commercianti ad abbassare le saracinesche, è variegata e multiforme. Ci trovi ragazzi e anziani, casalinghe e donne in carriera: tutte le età, e disponibilità economiche diversificate. Ma l’obiettivo è lo stesso: fare acquisti a prezzi “ragionevoli”, e togliersi qualche sfizio che negli altri negozi è proibitivo. Ma che qua diventa accessibile.

Risultato: i grandi magazzini gestiti dalle famiglie cinesi che abitano a Termoli sono sempre pieni. In questi giorni di shopping è addirittura necessario rassegnarsi a fare la fila al cassa per pagare. Situazione pressoché unica, malgrado il pieno delle festività, in una cittadina dove le saracinesche dei locali commerciali si abbassano progressivamente.

Gli affari vanno bene, tanto che i cinesi, fino a qualche anno fa “confinati” in punti vendita piccoli e decentrati, hanno cominciato un po’ alla volta l’arrampicata fino a raggiungere la vetta della piramide del commercio. Gli iperstore. Dopo essere sbarcati a “Il Punto” di via Corsica, con un grande magazzino che in pochi mesi si è imposto come luogo frequentatissimo, hanno “occupato” anche il grandissimo locale del centro commerciale “lo Scrigno” che era di Olympic, attività che si è spostata alla Fontana.

Al suo posto c’è Boda, super emporio cinese, con articoli che vanno dall’abbigliamento alle calzature ai casalinghi ai giocattoli e ai gadget. Segni particolari: preso d’assalto. Loro, i titolari e i commessi, giovani dagli occhi a mandorla sorridenti che controllano con garbo gli acquisti e imbustano gli articoli battuti in cassa, non sono facili da interpellare. Ma qualcosa se la lasciano sfuggire, specie se il discorso cade sulle etichette cucite sui capi, che recitano più o meno tutte “prodotto italiano”.
«Acquistiamo tutto in Italia – spiega il ragazzo cinese alla cassa, con l’aria di essere il ‘capo’ – e ci teniamo che i prodotti siano fatti con tessuto prodotto in Italia».

Dove li acquistano? Sia in laboratori vicini, alcuni anche in Molise, che in altre regioni, in primis la Toscana, dove i cinesi di fatto detengono il settore della produzione tessile.
 «Se anche sono cuciti da nostri connazionali – prosegue il ragazzo – sono comunque fatti in Italia». Il paradosso è lampante, e strappa un sorriso a parecchi clienti non abituali. La merce dei negozi italiani è quasi senza eccezioni ‘made in china’, quella degli China Stores è rigorosamente “made in Italy”.

Sarà anche per questo che gli spacci cinesi resistono e proliferano? «Certo, quell’etichetta con su scritto prodotto italiano è rassicurante» riflette una donna indecisa se acquistare un capospalla da 35 euro. In ogni caso la colonizzazione avanza: dopo “La grande Cina” di via Corsica, i grandi magazzini cinesi continuano a moltiplicarsi. Sono circa 15 i negozi di Termoli. E diventano sempre più grandi, e sempre più visibili.
Source: PrimoNumero (http://goo.gl/InHt3)

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