lundi 12 août 2013

Aree agricole, nel mondo l'84% è a rischio

"Circa 2 miliardi di ettari delle terre emerse sono interessati a diversi livelli da processi di degrado, compromettendo l'84% delle aree agricole a livello mondiale e coinvolgendo circa un quarto della popolazione del globo''. Lo rende noto Maria Luigia Giannossi, ricercatrice dell'Istituto di metodologie per l'analisi ambientale del Cnr, basandosi su nuovi studi che saranno illustrati a Pisa dal 16 al 18 settembre durante la manifestazione Geoitalia 2013 organizzata dalla Federazione italiana di scienze della terra.

In Italia il fenomeno della cosiddetta 'land degradation' colpisce in maniera significativa le regioni meridionali e insulari: Basilicata, Puglia, Calabria, Sardegna e Sicilia. Qui, oltre allo stress di natura climatica, "la pressione spesso non sostenibile delle attività umane sull'ambiente sta determinando una riduzione della produttività biologica ed agricola ed una progressiva perdita di biodiversità degli ecosistemi naturali''. Spiega sempre Giannossi in una nota.

''Anche le regioni del centro nord, in particolare Toscana, Emilia Romagna e la Pianura Padana in generale - aggiunge Giannossi - manifestano un peggioramento della situazione idrometeorologica e sono sempre più vulnerabili all'irregolarità delle precipitazioni, alla siccità ed all'inaridimento''.

“Nell’ambito di vari studi promossi dall’IMAA CNR sono stati realizzati 3 progetti di cui uno in corso – ha dichiarato Giannossi - tutti indirizzati a studi integrati per il monitoraggio del fenomeno della land degradation nelle regioni meridionali in particolar modo in Basilicata e per il sostegno alle metodiche di salvaguardia delle risorse naturali (suoli e acque). Dai risultati osservabili risulta che la Basilicata è particolarmente interessata dal rischio land degradation. I rapporti disponibili sono consultabili sul sitomildmap-media.basilicatanet.it
Tra i processi di degrado a cui è soggetta la Basilicata, sono stati studiati in dettaglio il fenomeno dell’erosione del suolo con sviluppo delle tipiche forme morfologiche: i calanchi; nonché il fenomeno di degrado di origine chimica: la salinizzazione (oggetto del progetto PRO_Land “Studio dei processi di land degradation a supporto delle attività di prevenzione e gestione degli impatti indotti sull’ambiente”, finanziato dal Programma Operativo FESR Basilicata 2007-2013, tuttora in atto). Questi fenomeni sono stati studiati con tecniche integrate in situ e di remote sensing al suolo e da satellite per quantificare la gravità e l’impatto dei fenomeni di land degradation. I punti di innovazione del progetto sono da ricercarsi nella valutazione di tutte le geomatrici ambientali colpite dal fenomeno, nell'utilizzo di tecniche integrate e nella valorizzazione delle competenze degli stakeholder locali per la mappatura del degrado del territorio e per la valutazione de corretta gestione sostenibile del territorio”.
La necessità di fermare o prevenire i processi di degrado ha sollecitato la comunità scientifica internazionale a fornire strumenti interpretativi dei fenomeni di degrado, per comprenderne meglio i fattori predisponenti e le loro mutue interazioni e supportare, infine, i decisori nella scelta delle più adeguate soluzioni di mitigazione e/o recupero”.

“L’elaborazione di mappe, oltre ad essere uno strumento di collaborazione scientifica tra i paesi affetti nelle regioni del nord mediterraneo – ha concluso Giannossi - è dunque diventato parte integrante delle politiche ambientali adottate dai diversi paesi.

Il degrado delle terre e dei suoli agricoli dipende da fattoriclimatici e di origine antropica - soprattutto per quanto riguarda i paesi industrializzati - come una gestione impropria del territorio, e ha implicazioni dirette e indirette perché mette a rischio la sicurezza alimentare e il cambiamento climatico ma anche, conclude Giannossi, ''le guerre legate allo sfruttamento delle risorse naturali e la conseguente presenza di ecorifugiati''.

Si tratta quindi di una tra le maggiori emergenze sociali e ambientali del nostro tempo, per questo ora anche la comunità scientifica sta riconoscendo questa emergenza, munendosi di strumenti per il monitoraggio del degrado e consumo di suolo agricolo.

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