La crisi dei consumi spinge sempre più italiani a rivolgersi agli hard discount. Quanti scelgono questi canali di distribuzione che puntano sui prezzi bassi?
Nell’audizione di ieri in Senato, alla Commissione speciale, il presidente dell’Istat Enrico Giovannini ha segnalato che il 12,3% delle famiglie acquista generi alimentari negli hard discount. Un anno fa la percentuale era del 10,5%.
Dove tale tendenza è più evidente?
Al Nord: qui il dato in dodici mesi ha avuto l’incremento più deciso, passando dall’8,5% delle famiglie al 10,9%, anche perché - ha segnalato Giovannini - è l’area della Nazione dove queste forme di distribuzione sono maggiormente diffuse.
Come nascono i discount?
Sono nati in Germania nel primo Dopoguerra. In Italia si sono sviluppati tra la fine degli Anni 80 e l’inizio del decennio successivo. Originariamente era netta la distinzione tra «hard» e «soft» discount, i primi del tutto privi di marchi commerciali e generalmente più piccoli. Ma ora, come spiega Romolo De Camillis, direttore divisione Retail di Nielsen, questa distinzione «è sempre più difficile da cogliere, per un generale miglioramento della qualità complessiva dei prodotti e dei centri di vendita».
Quanti sono in Italia questi negozi?
Secondo i calcoli di Nielsen a gennaio di quest’anno in Italia c’erano 4.615 discount. Rispetto a dieci anni fa, quando erano 2.756, la crescita è stata del 67%. Nel 2012 il saldo tra aperture e chiusure dei super tradizionali e di quelli più piccoli è stato negativo rispettivamente di 49 e 519 unità. Gli ipermercati vedono un saldo positivo di soli tre punti vendita, i discount di ben 169.
E come stanno andando?
Sempre secondo Nielsen, nel periodo tra gennaio e metà aprile 2013, il fatturato a parità di rete nei discount cresce del 2,6%. In tutto il sistema della distribuzione moderna (che include anche gli ipermercati, i supermercati e il libero servizio) le vendite registrano un calo del 2,3%. Come si vede si tratta di negozi in controtendenza.
Vanno bene solo perché tengono i prezzi bassi?
E anche perché la politica dei prezzi contenuti si accompagna più a scarsa qualità. Nei dati si vede che nei discount crescono molto le vendite del fresco. Per dire: nel 2012 la frutta e verdura fanno +17,9%, il pane +11,3%, la carne e il pollame +10,4%. «Questa crescita - spiega De Camillis - è legata al ruolo che i discount si stanno ritagliando nella spesa quotidiana in sostituzione dei piccoli supermercati di prossimità che chiudono e anche dei punti vendita più tradizionali. Da tempo la qualità dei freschi è migliorata, il consumatore va al discount anche per comprare il pane.
Con buoni riscontri?
La frequenza di visita e di acquisto sta aumentando notevolmente. Gli ultimi dati riguardano il 2012. E segnalano che, mediamente, le famiglie hanno aumentato gli acquisti del 9,4%. La crescita si nota in ogni fascia di reddito.
I discount vanno tutti bene?
No. De Camillis afferma che «tra le prime dieci insegne soltanto la metà viaggia in positivo. Le altre stanno facendo fatica: sono quelle che hanno avuto meno capacità sul fronte della qualità offerta.
Perché i prodotti al discount costano di meno?
Anzitutto, come spiega l’analista di Nielsen, «c’è una semplificazione dell’offerta, con un assortimento minore: generalmente è pari alla metà di quello di un supermercato». In questo modo c’è una rotazione, ovvero la vendita dei singoli prodotti, pressoché tripla. Il cerchio si chiude con una «organizzazione studiata per contenere i costi di gestione, di logistica e legati ai servizi nel punto vendita». Un mix di caratteristiche che aumenta l’efficienza.
Oltre ad andare al discount come risparmia la gente?
Nell’audizione di ieri il presidente dell’Istat ha rilevato come «la crisi degli ultimi cinque anni» stia «modificando in profondità i modelli di consumo delle famiglie». Oltre a frequentare «luoghi di distribuzione a prezzi più contenuti» vengono pure ridotte «la quantità e/o la qualità dei prodotti acquistati».
Accade spesso?
Sempre di più. Secondo l’Istat nell’ultimo anno c’è stata un’esplosione del fenomeno: ora coinvolge il 62,3% delle famiglie italiane.
I supermercati tradizionali come si attrezzano?
Tenendo alta la pressione delle offerte, selezionando panieri a prezzi particolarmente scontati o da proporre al netto dell’Iva. Inoltre puntano molto sulle «private label», marche private vendute con il logo del distributore. Si cerca di offrire qualità a prezzi più competitivi.
Source: La Stampa (http://goo.gl/nSlIz)
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