In Sicilia sono già una ventina le imprese certificate dedite a questa specialità."Portiamo avanti le idee di Steiner sul rispetto dell'ambiente". Filiera corta. Il settore cresce del 9%. "Con il cliente si stabiliscono rapporti di fiducia"
Qualcosa, e anche parecchio, oltre il semplice bio. Dilaga in Italia, e si va diffondendo anche in Sicilia, l'agricoltura biodinamica, una specialità legata alla terra che nasce negli Anni ‘20 dalle teorie del filosofo Rudolf Steiner. Secondo il quale «l'azienda agricola ideale è una unità biologica dove vivono in equilibrio terra, vegetazione, animali e uomini». Tutti argomenti che da qualche tempo stanno cominciando ad interessare un pubblico sempre più vasto, fasce di popolazione che mostrano sensibilità crescente, e qualche volta anche estrema, per le tematiche del ben-essere, del buon mangiare, della condivisione di risorse, beni e valori naturali.
Anche la Sicilia partecipa a questa proliferazione felice e a Scordia, nel cuore delle campagne che producono arance tra le più buone del mondo, c'è un giovane imprenditore agricolo che è anche segretario della sezione Proserpina dell'associazione per l'agricoltura biodinamica. Si chiama Francesco D'Agosta e a sentirlo parlare capisci subito che è un agricoltore-filosofo. Ma potrebbe anche essere un filosofo-agricoltore, e non cambierebbe la sostanza. «Quanti siamo in Sicilia? In tutto diciannove imprese, che operano su 421 ettari. Ma ce ne sono già altre sei in conversione e il movimento conta anche un distributore e un trasformatore».
Lo abbiamo fatto partire apposta dai freddi numeri, per appagare la nostra curiosità sulla diffusione del fenomeno, per inquadrarlo in una dimensione precisa, ma anche per cominciare a capire. Perchè D'Agosta, dati i numeri, aggiunge subito: «Comunque, sia chiaro, non tutte le aziende agricole che producono il biodinamico sono certificate e cercano di ottenere il marchio di qualità Demeter. Perché? Perché in tanti casi si tratta di imprese davvero piccole che hanno un giro commerciale ridotto a clienti affezionati con cui si stabilisce un rapporto di fiducia che non ha bisogno di certificazioni, di marchi di garanzia. La garanzia sta nelle cose». Filosofia, dunque, rapporti di fiducia, credibilità del produttore e consumatore che approfitta di questa produzione a filiera corta. Ma torniamoci alla linea di pensiero fortemente alternativa della bioagricoltura.
«Tutto parte dall'antroposofia, un percorso spirituale e filosofico che, come detto, si basa sugli insegnamenti di Steiner. Nell'agricoltura quel che si insegue è creare una sintonia cercando ritmi ed equilibri nel terreno e nelle piante, dunque, alla fine, nei prodotti che vengono da questa attività. Ci sono, lo voglio dire, differenze sostanziali da questo punto di vista con l'agricoltura biologica che, in sostanza, si differenzia da quella convenzionale perché sostituisce mangimi chimici con letame e i fitofarmaci con prodotti preventivi e curativi che non provocano le conseguenze dei fitofarmaci in chi consuma quei cibi. Quando si parla di biodinamica, invece, il concetto è molto più complesso, perché parliamo di rispetto del terreno, rotazione delle colture, utilizzo di preparati naturali».
Molto più complessa la storia, dunque, è anche assai più costosi i prodotti. Si calcola che, in media, i prezzi di ciò che viene realizzato con la biodinamica siano di un 20% più alti, forse anche 30%. Si direbbe che, considerata la crisi che viviamo e il fatto, più volte registrato, che i consumatori cercano di comprare i prodotti dei volantini superscontati degli ipermercati, non dovrebbe esistere mercato per questa roba. Ma anche qui i numeri smentiscono: nell'anno che sta per concludersi l'aumento delle vendite del biodinamico ha fatto registrare un incremento del 9%. In Italia il gruppo di aziende certificate Demeter ha raggiunto quota 400. In Sicilia la forza sta nel consumo interno, ma anche e soprattutto per certi aspetti, nell'export. Ma che cosa produce la biodinamica nell'Isola? «Un po' di tutto - dice Francesco D'Agosta - dall'uva da tavola al vino, dai cereali all'olio, per esempio nella zona di Modica, oltre, naturalmente, alle nostre arance».
Prodotti che vengono venduti al cliente della filiera corta, a gruppi di acquisto "intelligenti e solidali", oltre che rispettosi della natura, ma anche esportati.Francesco, per esempio, riesce ad esportare un vagone delle sue bio-arance, molto ricercate nei mercati della Svezia, della Francia, della Germania. Sempre in Francia va parecchio olio ragusano, e anche i vini biodinamici hanno una parte da protagonisti.
«Non si fa solo per i soldi. Certo, parliamo di imprese, dunque di costi - spiega ancora Francesco D'Agosta - e alla fine bisogna rientrare dalle spese e potere vivere. Ma chi sceglie di produrre biodinamico, credetemi, non è al commercio che pensa, non a fare business».
Vero. Se no, si capisce chiaramente, un produttore sceglierebbe altri canali. Non questo così affascinante, suggestivo. E alla ricerca di un equilibrio che, evidentemente, c'è.
*Articolo pubblicato su La Sicilia di oggi in edicola
Anche la Sicilia partecipa a questa proliferazione felice e a Scordia, nel cuore delle campagne che producono arance tra le più buone del mondo, c'è un giovane imprenditore agricolo che è anche segretario della sezione Proserpina dell'associazione per l'agricoltura biodinamica. Si chiama Francesco D'Agosta e a sentirlo parlare capisci subito che è un agricoltore-filosofo. Ma potrebbe anche essere un filosofo-agricoltore, e non cambierebbe la sostanza. «Quanti siamo in Sicilia? In tutto diciannove imprese, che operano su 421 ettari. Ma ce ne sono già altre sei in conversione e il movimento conta anche un distributore e un trasformatore».
Lo abbiamo fatto partire apposta dai freddi numeri, per appagare la nostra curiosità sulla diffusione del fenomeno, per inquadrarlo in una dimensione precisa, ma anche per cominciare a capire. Perchè D'Agosta, dati i numeri, aggiunge subito: «Comunque, sia chiaro, non tutte le aziende agricole che producono il biodinamico sono certificate e cercano di ottenere il marchio di qualità Demeter. Perché? Perché in tanti casi si tratta di imprese davvero piccole che hanno un giro commerciale ridotto a clienti affezionati con cui si stabilisce un rapporto di fiducia che non ha bisogno di certificazioni, di marchi di garanzia. La garanzia sta nelle cose». Filosofia, dunque, rapporti di fiducia, credibilità del produttore e consumatore che approfitta di questa produzione a filiera corta. Ma torniamoci alla linea di pensiero fortemente alternativa della bioagricoltura.
«Tutto parte dall'antroposofia, un percorso spirituale e filosofico che, come detto, si basa sugli insegnamenti di Steiner. Nell'agricoltura quel che si insegue è creare una sintonia cercando ritmi ed equilibri nel terreno e nelle piante, dunque, alla fine, nei prodotti che vengono da questa attività. Ci sono, lo voglio dire, differenze sostanziali da questo punto di vista con l'agricoltura biologica che, in sostanza, si differenzia da quella convenzionale perché sostituisce mangimi chimici con letame e i fitofarmaci con prodotti preventivi e curativi che non provocano le conseguenze dei fitofarmaci in chi consuma quei cibi. Quando si parla di biodinamica, invece, il concetto è molto più complesso, perché parliamo di rispetto del terreno, rotazione delle colture, utilizzo di preparati naturali».
Molto più complessa la storia, dunque, è anche assai più costosi i prodotti. Si calcola che, in media, i prezzi di ciò che viene realizzato con la biodinamica siano di un 20% più alti, forse anche 30%. Si direbbe che, considerata la crisi che viviamo e il fatto, più volte registrato, che i consumatori cercano di comprare i prodotti dei volantini superscontati degli ipermercati, non dovrebbe esistere mercato per questa roba. Ma anche qui i numeri smentiscono: nell'anno che sta per concludersi l'aumento delle vendite del biodinamico ha fatto registrare un incremento del 9%. In Italia il gruppo di aziende certificate Demeter ha raggiunto quota 400. In Sicilia la forza sta nel consumo interno, ma anche e soprattutto per certi aspetti, nell'export. Ma che cosa produce la biodinamica nell'Isola? «Un po' di tutto - dice Francesco D'Agosta - dall'uva da tavola al vino, dai cereali all'olio, per esempio nella zona di Modica, oltre, naturalmente, alle nostre arance».
Prodotti che vengono venduti al cliente della filiera corta, a gruppi di acquisto "intelligenti e solidali", oltre che rispettosi della natura, ma anche esportati.Francesco, per esempio, riesce ad esportare un vagone delle sue bio-arance, molto ricercate nei mercati della Svezia, della Francia, della Germania. Sempre in Francia va parecchio olio ragusano, e anche i vini biodinamici hanno una parte da protagonisti.
«Non si fa solo per i soldi. Certo, parliamo di imprese, dunque di costi - spiega ancora Francesco D'Agosta - e alla fine bisogna rientrare dalle spese e potere vivere. Ma chi sceglie di produrre biodinamico, credetemi, non è al commercio che pensa, non a fare business».
Vero. Se no, si capisce chiaramente, un produttore sceglierebbe altri canali. Non questo così affascinante, suggestivo. E alla ricerca di un equilibrio che, evidentemente, c'è.
*Articolo pubblicato su La Sicilia di oggi in edicola
Source: http://goo.gl/8w7sgB
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