mercredi 29 mai 2013

L'agriculture urbaine et la régénération sociale, le cas de San Diego

Negli Usa il problema del gap verso stili alimentari virtuosi è cruciale. Gli esempi in California
BRUNO MONARDO*
SAN DIEGO
La questione della promozione di stili di vita legati a forme di alimentazione più sane e salutari attraverso parole d’ordine come “filiera corta”, “km zero”, “cibo biologico”, “farmer market” non rappresenta certo una novità nelle politiche agricole che regolano i flussi di origine, distribuzione e consumo dei prodotti agricoli nei domini territoriali delle grandi aree urbane dei paesi OCSE. 

I conclamati segnali di novità degli ultimi tempi riguardano le ricadute che la progressiva diffusione delle politiche Healthy Food stanno generando sulle strategie di rigenerazione urbana sia per l’inclusione sociale che per la sostenibilità ambientale dello spazio antropico. 
A differenza di quanto accade in buona parte d’Europa, negli USA il problema del gap verso stili alimentari virtuosi è questione cruciale. La ricerca scientifica ha dimostrato la stretta correlazione tra alti tassi di obesità, malattie cardiovascolari, diabete e zone della città ove abbonda il fast-food (food swamps) e l’ortofrutta è assente (food deserts). 

Nello Stato della California, a partire dalle grandi aree metropolitane di San Francisco, Los Angeles, San Diego, è decollata da qualche anno la programmazione e progettualità, sostenuta dal pubblico e da soggetti non-profit, di interventi specifici che declinano l’Healthy Food Policy attraverso la leva dell’Agricoltura urbana, favorita dalle caratteristiche climatiche e dalla morfologia insediativa di tipo diffuso. Nel marzo 2012 California Endowment, importante fondazione a sostegno delle comunità locali, con il programma Building Healthy Communities ha finanziato la start up di Food System Alliance della Contea di San Diego, la cui missione è il rafforzamento del sistema delle aziende agricole locali e dell’accessibilità ai prodotti freschi attraverso l’ottimizzazione delle reti infrastrutturali e distributive. 

Urban-agriculture è tra le priorità assolute della politica d’area vasta a San Diego, asse concorrente per la rigenerazione socio-ambientale e fisico-spaziale dei quartieri più degradati della città, al punto che nel gennaio 2012 nel regolamento dello strumento urbanistico generale è stata introdotta una variante che arricchisce lo zoning per favorire accessibilità, produzione diffusa e consumo dell’ortofrutta locale fresca anche per i gruppi sociali più indigenti.  

Il General Plan di San Diego City, premiato dall’American Planning Association nel 2010per la coerenza con i principi della sostenibilità e smart growth, ha introdotto categorie più specifiche di uso del suolo urbano come Farmers Markets e Retail Farms, abolendo inoltre le restrizioni sulla possibilità di coltivare orti e ospitare piccoli animali da cortile. In sostanza, l’agricoltura urbana è promossa come vettore di arricchimento pervasivo di un tessuto diffuso di community e backyard gardens per beneficiare dell’autoconsumo di cibo sano o per innestare microaziende a vendita diretta nei lembi residuali più consistenti della città. Come nel caso New Roots Community Farm, autentica operazione bottom-up promossa su area pubblica di 2,3 acri da International Rescue Committee ai margini est di City Heights, vasto quartiere dal marcato disagio sociale e frammentazione etnica di San Diego. Un progetto complesso per il supporto all’inserimento sociale di 85 famiglie di rifugiati di caleidoscopica provenienza, articolato su assi educativi, assistenziali, economici e noto al grande pubblico per l’endorsement di Michelle Obama nel 2010. Operazioni che per avere successo necessitano di una virtuosa convergenza d’intenti e azioni coordinate di soggetti pubblici, privati e nonprofit, attori questi ultimi che negli USA ricoprono un ruolo decisivo nelle operazioni di rivitalizzazione urbana. 

*Ricercatore, docente di Urbanistica, “Sapienza” Università di Roma, Dipartimento DATA. E’ autore e curatore di volumi e saggi sui temi della pianificazione integrata mobilità-uso del suolo e degli “Urban-Center” come vettori dei processi di democrazia partecipativa. E’ impegnato nella ricerca “CLUDs” UE FP7, Marie Curie 2011-14, su nuovi strumenti di rigenerazione urbana tra Europa e USA.  

Source: La Stampa (http://goo.gl/H5YDO)

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